Sono andato per la prima volta in India, a Puttaparthi nel mese di Gennaio dell'anno 1993, sulla scia di articoli di giornali e trasmissioni televisive che parlavano di "Lui" ed incuriosito anche dai racconti di mia cognata Alida su un certo guru del quale aveva sentito parlare durante un viaggio in quel misterioso Paese ; un maestro Spirituale di nome Sathya Sai Baba che, dicevano, faceva miracoli, che creava dal nulla oggetti e una cenere miracolosa chiamata vibuthi.
Il paese di Puttaparthi allora era molto piccolo,sporco,disastrato e con tanti mendicanti. L'Ashram del Maestro era però separato da un alto muro, era un villaggio a sè, dove si respirava effettivamente un'altra aria; era pulito, ordinato e tutto si svolgeva in modo disciplinato e silenzioso. Era insomma "Prashanti Nilayam",il luogo della pace e della beatitudine.
Non avevo ancora piena consapevolezza di trovarmi in un luogo veramente speciale, vicino alla residenza di un "Avatar", cioè alla incarnazione in forma umana del Divino; facevo insomma il turista spirituale.
Avevo sentito parlare dell'Albero dei desideri, posto su una collina vicino al fiume Chitravathi quasi sempre in secca. Si raccontava che in questo luogo Sai Baba materializzasse da bambino frutti di vario genere per i suoi compagni di scuola.
Una mattina salivo i numerosi gradini di pietra che conducono alla collina. Il cielo era terso come sempre, senza una nuvola. Arrivato in vetta, stanco e sudato per la fatica della salita sostavo per riposarmi e anche per ammirare il bellissimo panorama che da lì si poteva vedere, il fiume, con i panni stesi ad asciugare sul ghiaione, le colline sullo sfondo, il Museo delle Religioni con le sue tre guglie dall'altra parte.
Si avvicina una ragazza sui vent'anni, poveramente vestita; vuol vendermi qualcosa ed io le dò più di quanto mi chiede. La vedo felice, piena di gratitudine; io le scatto una o due foto e poi ridiscendo in paese.
Mentre mi allontano lei mi grida in inglese: mi chiamo Saraswati.
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